Crediti : Ciro93
Una barzelletta che evidentemente fa ridere solo lui, dato che ALCUNI videogame giocati a livello professionistico esulano dall'essere semplici passatempi e diventano attività che poco hanno da invidiare a molte altre che già da anni le olimpiadi ospitano.
In questo video farò una panoramica sugli esport, spiegando nel modo più semplice e chiaro possibile cosa siano e perchè, debbano esser visti in modo diverso dal semplice "giocare alla playstation".
Recentemente, nella trasmissione “Che tempo che fa”, in onda su Rai 1, Fabio Fazio ha condotto una lunga intervista al presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Giovanni Malagò.
L'intervista è stata quasi totalmente incentrata, ovviamente, sulla recente, sofferta eliminazione dell'Italia ai Mondiali di calcio ma, nella parte finale, una domanda di Fazio ha fatto drizzare le orecchie a tutti gli appassionati di videogiochi.
Il conduttore ha infatti chiesto a Malagò quale fosse la sua opinione sull'introduzione, da parte del CIO, dei videogiochi fra le papabili discipline olimpiche e, in breve, come vedrebbe i videogiochi alle Olimpiadi.
La risposta di Malagò è stata un insieme di superficialità e disinformazione: dopo aver candidamente ammesso: ”Guardi, io non ho mai giocato e non ho la minima idea di come funzioni”, nella totale ignoranza sull'argomento, si è pure concesso di approfondire il discorso dicendo che è giusto regolamentare un fenomeno purtroppo molto diffuso, in cui sono presenti addirittura forme di doping, ma che la presenza dei videogiochi alle Olimpiadi gli sembra una barzelletta bella e buona.
Premettendo che se non si è minimamente informati su un argomento, buon senso vuole che non si diano nemmeno pareri su tale argomento, specialmente in prima serata su Rai 1, il punto della questione è: i videogame possono tranquillamente essere definiti sport e giocarsela alla pari con le altre discipline olimpiche?
Inizierei questo breve discorso partendo dalla definizione di sport tratta dal dizionario Treccani: per “sport” si intende ogni attività intesa a sviluppare le capacità fisiche e psichiche e il complesso degli esercizi e delle manifestazioni, soprattutto agonistiche, in cui tale attività si realizza, praticate in rispetto di regole codificate da appositi enti, sia per spirito competitivo che per divertimento.
Ok, questa è la definizione formale di “sport”, ma non voglio fare il formale. Sappiamo benissimo che, ormai, come significato globale, lo sport viene inteso come una disciplina fisica, che porta nella maggior parte dei casi dei benefici fisici nell’essere svolta.
Non prendiamoci in giro, una corsa in bici o una partita a calcio farà sempre mille volte meglio alla salute rispetto a una sessione a StarCraft 2 o a Counter Strike, e su questo non ci sono dubbi. Il comunicato del Comitato Internazionale Olimpico, infatti, non verte su questo punto: non classifica i giochi come attività salutistica, ma come disciplina agonistica sportiva.
In pratica, li pone sullo stesso livello di competitività delle altre discipline che possono essere potenzialmente presenti alle Olimpiadi. Le risatine di Malagò, probabilmente, anzi sicuramente, derivano dalla sua totale ignoranza sul mondo degli eSport, a luogo comune che vede i videogame soltanto come idraulici baffuti che saltellano su dei blocchi o malavitosi che girano per Los Santos investendo passanti.
Insomma, come un semplice divertimento sedentario per rilassarsi. Ed è vero! I videogiochi sono principalmente questo, ma non solo. La Nicchia degli eSport è appunto una nicchia, ma non deve essere trascurata. Ed è proprio a questa nicchia, fra l'altro in forte espansione, che il CIO si riferisce.
È ovvio che un Call of Duty, uno Star Wars Battlefront o un Player Unknown non rientreranno mai nella cerchia delle discipline olimpiche, ma come ho detto i videogiochi non sono solo questi e le capacità mentali e di coordinazione, l'allenamento, la dedizione e lo spettacolo che giochi come StarCraft o Dota 2 possono offrire, sono tranquillamente paragonabili a molte discipline che alle Olimpiadi sono già presenti da molto tempo.
Le Olimpiadi, infatti, ormai da anni non sono più l'apoteosi del discobolo di atleti ultra muscolosi, dotati di prestazioni fisiche quasi disumane, ma anche di discipline più statiche, in cui viene meno l'importanza di un fisico ben allenato in favore di concentrazione, studio e riflessi.
Pensate a discipline come il tiro a piattello o la pistola ad aria compressa, che sono spesso praticate da gente anche avanti con gli anni e con un po' di pancetta. Per quale motivo alcuni videogame dovrebbero avere meno diritto di queste discipline nell’entrare alle Olimpiadi?
Prendiamo come esempio l'emblema degli sport elettronici: StarCraft. StarCraft 2, per chi non lo sapesse, è un gioco strategico giocato anche a livello professionistico. Ci sono persone che fanno quello per lavoro, sono sponsorizzati, appartengono a team e competono per montepremi di svariate decine di migliaia di euro.
Un giocatore professionista di StarCraft 2 si allena oltre 10 ore al giorno, e per allenamento non intendo che gioca a StarCraft per 10 ore al giorno, ma lo studia, calcola, testa, esercita le mani per poterle muovere più rapidamente.
StarCraft, infatti, è un gioco che richiede un livello di conoscenza delle sue meccaniche e di lettura strategica di ciò che sta accadendo in partita, paragonabile o superiore a quello degli scacchi.
In StarCraft 2 ci sono ordini precisi di azione con cui iniziare una partita per portarsi in vantaggio o per rispondere a ciò che sta facendo un nostro avversario, proprio come negli scacchi, con la differenza che in StarCraft 2 si gioca il tempo reale e le decisioni vanno prese nell'ordine dei decimi di secondo.
Nonostante ciò, non si tratta di un semplice gioco di intelligenza e conoscenza delle meccaniche, ma anche di coordinazione e concentrazione.
Un giocatore professionista riesce a tenere un ritmo medio di 300 azioni al minuto nel corso di una partita lunga anche mezz’ora, con dei picchi che arrivano anche a 6-700 azioni al minuto, quando un giocatore alle prime armi riuscirebbe a compierne a malapena 30.
I giocatori di shooter come Counter-Strike hanno dei riflessi talmente rapidi che spesso si ritrovano costretti ad aspettare il computer. Cioè, una persona che deve aspettare l'input di una macchina. Capite bene che, in casi come questi, non si tratta più di un gioco: diventa a tutti gli effetti uno sport e se l'abilità di un arciere, che riesce a centrare un bersaglio a 50 metri, ci sembra disumana e ci lascia a bocca aperta, altrettanto ci dovrebbero lasciare le prestazioni di questi ragazzi, che riescono a compiere azioni che nemmeno con 3000 ore di gioco riusciremo a compiere senza il loro specifico allenamento.
Il caro Malagò, invece che ridacchiare alle domandine di Fazio, ci dovrebbe spiegare perché l'ingresso alle Olimpiadi di competizioni simili sia una barzelletta.
Non credo che la carabina richieda molta più attività fisica di una partita a Dota. Forse perché gli eSport fanno paura. Fa paura vedere irrompere nel proprio mondo, che si riteneva solido e immutabile, delle discipline di cui si è totalmente all'oscuro, discipline che stanno prendendo sempre più piede e di cui, se non si prenderà una completa conoscenza e coscienza, ci si ritroverà soppiantati da chi invece ci ha visto lungo e si è preparato per tempo a ciò che il futuro dello sport ci riserverà.
Ma si sa, in Italia ci preoccupiamo di più a preservare il passato che ad aprirci al futuro.