Crediti : Fanpage.it

Un’arena da 11.000 persone ha rappresentato il cuore degli eventi di esport della Blizzcon, la grande fiera che a Los Angeles ha accolto 30.000 appassionati dei titoli di Blizzard. Tra palcoscenici enormi e tanto entusiasmo, lo spazio dedicato al torneo di Overwatch impressiona per la grandezza e, soprattutto, per il grande numero di persone accorse a vedere il torneo che si è concluso con la vittoria della Corea del Sud. Ne abbiamo parlato con Alberto “Herc” Pahle.

Gli esport in Italia e nel mondo raccontati dal CT della nazionale italiana di Overwatch

Nel mondo, l’e-sport sta crescendo a velocità impressionanti. È diventato una nuova tendenza mainstream a tutti gli effetti, è una realtà come vedete in paesi come gli Stati Uniti, molti investitori nel mondo dello sport vedono che c'è molta più carne al fuoco in questo ambiente che piuttosto magari nei loro sport tradizionali.

Per quanto riguarda l'Italia, stiamo lavorando veramente duro, però diciamo che mancano ancora dei tasselli a livello culturale per poter arrivare a questi livelli.
Ci sono stati diversi tentativi in Italia, però l'interesse è sporadico e si concentra proprio in questi eventi. È mainstream solo in quei giorni, insomma, poi è super nicchia per per tutto il resto del tempo.

In Italia la cultura deve crescere e riguardo a questa cosa; devono essere anche in un certo senso distrutti certi pregiudizi, non c'è fretta. Probabilmente con il crescere di questi nuovi ragazzi, di questi nuovi teenager, probabilmente vedremo questo fenomeno crescere anche in Italia.
Con calma. Il mio ruolo come CT della nazionale è la chiusura di un cerchio, di tutto il lavoro fatto in questi due anni per quanto riguarda overwatch. È andato maluccio, perché siamo andati a Sidney e ci hanno bastonato, abbiamo perso tutte le partite.

I nostri ragazzi sono bravi, però le altre nazioni sono più preparate sotto questo punto di vista, sono culturalmente più pronte per questo tipo di competizioni e sono anche più finanziate, quindi è logico che se tu hai una locomotiva e gli butti più carbone, la locomotiva corre di più.

Cina, Giappone, Corea soprattutto, sono dei paesi dove la cultura non promuove l'individualismo ma promuove il gruppo, si condivide tutto quanto; specialmente nei giochi di squadra, questi paesi sono fortissimi perché mettono in primo piano il gruppo e in secondo piano invece l’individualità, che invece frega noi occidentali.
È logico che i videogiochi sono videogiochi e gli sport sono sport ma io penso che non sia necessario che la gente riconosca i videogame come uno sport a tutti gli effetti.
I videogame sono videogame se c'è dell'investimento, se c'è del giro e se alla gente piace, perché non seguirli? Si possono seguire entrambe le cose, chi ha detto che una cosa toglie l'altra.

Se il pubblico italiano, negli anni, avrà sempre più interesse verso questo tipo di competizioni, ben venga, c'è spazio per tutti, no? 

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